Miti e pregiudizi sulla depressione: conoscerli per superarli
1 Ottobre 2020
La depressione rappresenta una delle più comuni patologie mentali al mondo.
Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità diventerà una delle cause principali di assenteismo dal lavoro e sarà la malattia cronica più diffusa.
Nonostante questo, ancora oggi la depressione è vissuta come una condizione di cui vergognarsi, da nascondere, sulla quale pesa lo stigma di quella malattia mentale vista come un mostro che spaventa la società, che squarcia la rassicurante percezione del benessere, svela la debolezza e la fragilità dell’individuo, quell’individuo che tutti vogliono efficiente, produttivo, felice e sempre in movimento.
Tante sono le idee sbagliate che nutrono tale stigma, ostacolando la ricerca di aiuto e l’inizio di un trattamento.
Conoscerne alcune e metterle in discussione può rappresentare un piccolo e semplice passo per una più corretta gestione della malattia e, allo stesso tempo, per restituire rispetto e dignità a chi ne soffre.
1: “La depressione è qualcosa da cui ci si può semplicemente tirar fuori”
La depressione non è una scelta. Nessun individuo sceglie una malattia e la sintomatologia che la caratterizza.
La maggior parte delle malattie mentali sono il risultato di una complessa interazione tra fattori ambientali, biologici e psicologici. Diversi di questi fattori sono al di fuori del controllo di una persona, per cui non è sufficiente avere forza di volontà o seguire semplicemente le indicazioni di qualcuno per superare con facilità la depressione.
Basti pensare a individui in cui la componente biochimica è prevalente, oppure persone che hanno subito esperienze profondamente invalidanti e traumatiche o, ancora, individui che vivono in un ambiente profondamente problematico.
Per ognuno di essi la lotta contro la depressione è un faticoso lavoro che va ben oltre un immediato cambiamento di stile di vita e di pensiero.
2: “La depressione è qualcosa da cui si può uscirne contando su se stessi”
Alcuni libri di auto aiuto, amici o parenti cercano di offrire consigli finalizzati a modificare il pensiero negativo in pensiero positivo, come ad esempio l’invito a vedere “il bicchiere mezzo pieno” piuttosto che notare solamente gli aspetti negativi. Per alcuni, questi consigli possono essere d’aiuto, per altri però sono del tutto inutili.
Questo perché, affinché si possa vedere la controparte positiva di una situazione o condizione problematica, è necessario che l’individuo sia in grado di sfruttare volontariamente il carattere flessibile del suo pensiero, di analizzare con obiettività gli scenari alternativi esistenti, di essere consapevole non solo delle difficoltà ma anche delle risorse personali e dell’ambiente circostante per superare le criticità, di riconoscere l’inutilità di certi processi di pensiero per sostituirli con altri più costruttivi. Tuttavia, quando una persona soffre di depressione, i processi e i contenuti del suo pensiero perdono flessibilità. Ecco allora che diventa molto difficile uscirne da soli. Il solo alzarsi dal letto o svolgere un’attività diventano azioni complicate, in certi casi fisicamente impossibili.
Sono molte le testimonianze di persone che erano sempre in movimento, salde come una roccia, capaci di affrontare nella quotidianità tanti problemi contemporaneamente, poi incapaci anche di prepararsi un caffè quando entrate in uno stato depressivo.
3: “Devi avere un motivo per essere depresso”
La depressione non va per forza giustificata.
La società ci spinge a valutare tutto quello si ha in termini di beni materiali, economici, affettivi e sociali per fare un resoconto da cui trarre il livello di felicità.
Gli stessi parenti o amici dicono al depresso di “essere grati” perché magari non gli manca nulla e non ha motivo di lamentarsi così tanto.
Eppure, la depressione è anche questo: star male senza un motivo palese. E’ ingannevole e persuasiva, non fa sconti a nessuno, nemmeno a persone che hanno tutto, come il benestante o la persona socialmente acclamata.
E’ chiaro che i tentativi degli altri di far apprezzare quello che si ha sono fatti in buona fede, tuttavia rinforzano nel depresso il suo senso di colpa, che è uno dei sintomi tipici della malattia.
La depressione distorce la percezione di sé, degli altri e del mondo, le situazioni vengono viste in modo irrealistico, affrontate senza criticità.
Di fronte a questo, anche l’ “avere tutto” perde di significato.
4: “I farmaci rappresentano la strada maestra per curare la depressione”
Gli antidepressivi migliorano il modo in cui il cervello utilizza le sostanze chimiche coinvolte nelle risposte emotive, tant’è che molti medici li prescrivono come prima linea nella cura della depressione.
Tuttavia, gli antidepressivi non rappresentano “la cura” per la depressione e non funzionano per tutti o in ogni situazione. Infatti, è preferibile che vengano prescritti insieme alla psicoterapia per potenziare l’effetto terapeutico a lungo termine.
Questa indicazione viene data in quanto la depressione si manifesta in modo diverso da persona a persona ed i trattamenti hanno effetti diversi da una all’altra.
Capita spesso che una persona provi diversi trattamenti o una combinazione di essi prima di trovare un vero e duraturo sollievo.
Per cui è bene non demordere e continuare a sperimentare le diverse opzioni terapeutiche prima di deporre le armi.
Sebbene in certi casi l’integrazione della terapia farmacologica con quella psicologica rappresenta una valida scelta, ricerche scientifiche hanno dimostrato che la psicoterapia cognitivo comportamentale apporta gli stessi effetti terapeutici di quelli farmacologici con la differenza, però, di mantenere i miglioramenti sull’umore nel lungo termine rispetto agli antidepressivi.
5: “La depressione è innescata da un evento traumatico”
Una serie di fattori può aumentare il rischio di sviluppare la depressione quali eventi traumatici legati alla perdita di una persona cara, a malattie, disastri economici, abusi.
Tuttavia, gli eventi traumatici sono un fattore di rischio o un potenziale fattore scatenante della depressione e NON la causa principale.
Non tutti coloro che sperimentano un evento traumatico svilupperanno depressione. Così come, persone che non hanno alcun problema di salute, familiare, economico o sociale possono incorrere nel disturbo.
Per quanto, a prima vista, possa essere difficile da capire, gli eventi non hanno l’esclusiva responsabilità nell’insorgenza della depressione.
Un lutto, una malattia, un divorzio, un licenziamento spesso favoriscono episodi depressivi, sconvolgono la vita di una persona, destano emozioni negative.
Ma la causa risiede nell’intreccio di variabili biologiche, ambientali e psicologiche non facili da estrapolare nel loro preciso ruolo.
6: “Depressione e tristezza sono la stessa cosa”
Alcune persone considerano la depressione come un tipo estremo di tristezza. Questo è assolutamente sbagliato.
La tristezza è un sintomo della depressione, ma non la identifica e non è un suo sinonimo. La depressione è una condizione clinica specifica e diagnosticabile secondo precisi criteri, non è un’emozione che si caratterizza per essere transitoria, oscillante o anche frequente a seconda degli eventi che si vivono, tuttavia non è una condizione costante e cronica.
A differenza della tristezza, gli episodi depressivi causano sintomi che persistono per almeno 2 settimane e cambiano in modo significativo ed invalidante la vita di una persona dal punto di vista esistenziale, sociale e lavorativo. Inoltre, le persone depresse non provano solo tristezza, ma un ventaglio di altri vissuti che rendono difficile la vita di ogni giorno: apatia (che da sola non sempre è indice di depressione), senso di vuoto, disperazione e ansia.
7: “Una persona che ha famigliare depresso, svilupperà depressione”
Avere una storia familiare di depressione è un fattore di rischio di sviluppo della malattia, ma non assicura che se ne soffrirà.
Come è stato detto in altri punti descritti in questo articolo, la depressione è determinata da una combinazione di fattori e la sola genetica non basta per spiegarne la presenza.
Pertanto, solo perché dei parenti di una persona possono aver avuto depressione, non significa che la svilupperà a sua volta.
8: “Mantenersi occupati serve a superare la depressione”
Un tipo di consiglio che viene spesso dato al depresso è quello di impegnarsi in una qualche attività per risolvere i sintomi depressivi.
In realtà questa indicazione, se non viene inserita in un progetto terapeutico mirato con scopi e strategie definite, non funziona, anzi è del tutto fallimentare, capace di peggiorare i sintomi depressivi. Infatti, quando si è depressi i processi mentali sono distorti, la motivazione quasi inesistente, l’energia vitale ridotta. La spinta da parte degli altri a fare qualcosa può evidenziare le difficoltà di ripresa del depresso che si sente giudicato, ancor più incapace e in colpa per non riuscire a reagire o, se lo fa, può farlo anche male (a causa di scelte e pianificazioni condizionate dal suo umore).
Per cui, invece di buttarsi alla rinfusa a fare qualcosa, è importante che la persona sappia cosa, come e perché deve svolgere una attività durante un episodio depressivo.
Ad esempio, è importante suddividere in fasi un compito ed eseguirlo progressivamente, non aspettarsi necessariamente raggiungere l’ultima meta e di trarne piacere; è utile evitare di fare troppe cose contemporaneamente o, anche, posticipare certe decisioni durante un episodio depressivo perché possono essere poco chiare e poco obiettive.
Per approfondire questo argomento, invito il lettore a leggere il mio articolo sull’attivazione comportamentale, dove descrivo quale sia il modo migliore per sfruttare l’azione come intervento terapeutico per alleviare alcuni sintomi depressivi.
9: “Parlare della depressione peggiora la situazione”
E’ uno dei miti più diffusi ed è legato allo stigma della malattia mentale come etichetta negativa a livello sociale, per cui una persona tende a nascondere il suo problema e a non condividerlo.
Va precisato che confrontarsi con gli altri circa i propri sintomi depressivi non peggiora la situazione, ma tutt’altro: favorisce la percezione di essere ascoltati e capiti, sostenuti, di avere delle risorse esterne su cui contare, di avviare ragionamenti costruttivi mediante i quali elaborare le emozioni evitando che esse diventino distruttive, incoraggia a ricercare aiuto.
10: “Non è una vera malattia”
Si crede che la depressione non sia una vera e propria malattia. In realtà, anche questo è una delle miscredenze che ruotano intorno a tale patologia.
Se non trattata subito e con attenzione diventa un rischio per la propria vita.
Le persone con depressione hanno effettivamente differenze biologiche nel loro cervello, squilibri neurotrasmettitoriali e ormonali. Trasforma l’umore, le capacità di pensiero e di interpretazione degli eventi così pesantemente da modificare in toto quello che una persona è stata sino a poco prima di ammalarsi.
Classificare questa condizione come solo un problema di carattere o una fase transitoria, sminuisce il modo in cui le persone depresse si sentono e ostacolano il loro trattamento.
Dott. Spinelli
Riferimenti:
– DeRubeis R., Siegle G., Hollon S. (2008). Cognitive therapy vs. medications for depression: Treatment outcomes and neural mechanisms. Nat Rev Neurosci., 9(10): 788–796.
– Garcia Toro M., Aguirre I. (2007). Biopsychosocial model in Depression revisited. Medical Hypotheses, 68 (3), 683-691.