La regolazione emotiva: un fondamento del benessere psicofisico e sociale
13 Maggio 2021
La regolazione emotiva fa riferimento a quei processi con cui noi esseri umani influenziamo le emozioni che proviamo, come le viviamo e come le esprimiamo. In altre parole è la capacità di regolare i vissuti emotivi attenuandoli, intensificandoli o mantenendoli.
Le emozioni sono processi multicomponenziali che impiegano un tempo (seppur brevissimo) per svilupparsi, per tal motivo la regolazione emotiva comporta dei cambiamenti nella dinamica dell’emozione ovvero della latenza, della crescita, dell’intensità e della durata dell’emozione, nonché delle risposte comportamentali, esperienziali e fisiologiche.
Vi sono tre caratteristiche principali della regolazione emotiva meritevoli di attenzione.
In primo luogo, la regolazione emotiva non fa riferimento solo al decremento delle emozioni negative ma anche alla modulazione, sia in termini di intensità che di durata, delle emozioni positive.
In secondo luogo, la regolazione emotiva può essere un processo consapevole ed intenzionale, ad esempio decidere di non parlare più di un argomento sconvolgente, oppure un processo che avviene senza cosciente consapevolezza, ad esempio spostando rapidamente l’attenzione da qualcosa di scioccante.
In terzo luogo, i processi di regolazione emotiva devono essere valutati all’interno del contesto in cui si realizzano, alla luce degli scopi ed obiettivi personali per determinare se essi siano “adattivi” o “disadattivi”: per intenderci, le stesse strategie che consentono ad un medico di lavorare con successo con i suoi pazienti senza essere sopraffatto in alcuni casi da emozioni intense, possono essere usate adattivamente anche per neutralizzare l’empatia durante una tortura.
Come si regolano le emozioni?
Uno dei modelli esplicativi più esaustivi e conosciuti di regolazione emotiva è quello di James Gross che prevede 5 tipi di processi di regolazione: selezione della situazione (situation selection); cambiamento della situazione (situation modification); impiego dell’attenzione (attention deployment); rivalutazione cognitiva (cognitive change); modulazione della risposta emotiva (response modulation).
Le prime quattro tipologie sono focalizzate sugli antecedenti emotivi e vengono messe in atto prima che l’emozione sia generata, l’ultima concerne la risposta, ovvero la fase in cui l’emozione è stata già elicitata.
Vediamole una alla volta.
1) La selezione della situazione riguarda gli sforzi fatti per aumentare o ridurre la probabilità di incontrare una situazione in cui possono emergere determinate emozioni. In altre parole si riferisce a condotte di avvicinamento o evitamento di persone, posti o cose per regolare l’emozione.
Ad esempio, si decide di andare a cena con un amico divertente la sera prima di un esame, piuttosto che ripetere insieme ad un collega ansioso, oppure si sceglie di evitare un locale dove si potrebbe incontrare una persona poco gradita.
Questa strategia spesso comporta dei pesanti compromessi nella scelta tra benefici emotivi a breve e lungo termine. Una persona timida può decidere di evitare diverse situazioni per ridurre il suo stato di ansia ed ottenere così un sollievo a breve termine, ma a costo di un isolamento sociale nel lungo periodo.
2) La modificazione della situazione si riferisce ad un processo di regolazione basato sul cambiamento delle caratteristiche del contesto.
Ad esempio, se la sera prima dell’esame, a cena, il nostro amico volesse parlare della nostra preparazione e di come ci sentiamo, noi potremmo chiedergli di parlare di altro.
Questa strategia rappresenta una delle forme più importanti di regolazione emotiva e può essere accostata al “problem-focus coping”, concettualizzato da Lazarus, che consiste nei tentativi di riduzione dello stress psicologico intervenendo direttamente sulla situazione.
La sua efficacia dipende, tuttavia, dalla conoscenza della complessità della situazione e dal suo grado di modificabilità, in quanto vi sono situazioni che possono subire completi cambiamenti, altre modeste modificazioni ed altre ancora che invece non hanno possibilità di trasformazione.
3) L’impiego dell’attenzione consiste in quella strategia di modificazione emotiva con cui si indirizza l’attenzione su aspetti specifici della situazione.
Per esempio, possiamo distrarci da una conversazione che suscita un’emozione sgradevole iniziando a contare le bucce di arachidi che sono sul tavolo. Questo è un esempio di distrazione, ovvero una strategia con cui si sposta l’attenzione su aspetti di una situazione che non genera emozioni o che consente di allontanare l’attenzione da una situazione emotigena immediata.
La distrazione include anche i cambiamenti di focalizzazione interna, ad esempio quando si richiamano pensieri, immagini e ricordi non congruenti allo stato emotivo che si intende evitare.
Oltre alla mera distrazione, questa strategia include anche tutti quegli sforzi per concentrarsi intensamente su un compito ed essere assorbiti da quello che si sta facendo, riducendo la tensione emotiva sperimentata.
Un’altra forma di strategia di regolazione basata sull’attenzione è la “ruminazione”, mediante la quale l’attenzione viene rivolta direttamente sulle cause e sulle conseguenze delle emozioni. In tal caso, però, ruminare sui propri stati emotivi negativi comporta un’intensificazione e una maggiore permanenza di alcuni sintomi psicopatologici.
4) Il cambiamento cognitivo concerne la modificazione del significato soggettivo attribuito ad una situazione.
Riprendendo l’esempio dell’esame, una persona può dirsi che si tratta “solo di un test” piuttosto che di una prova con cui misurare il proprio valore come persona. Questa strategia è spesso usata per ridurre una risposta emotiva, ma anche per aumentarla o per cambiarla (passare dalla rabbia al senso di colpa ad esempio).
Il significato personale assegnato ad una situazione ha un peso notevole nell’influenzare le risposte esperienziali, comportamentali e fisiologiche in una data situazione.
5) Infine vi è la modulazione della risposta, ovvero i tentativi di modificare la risposta (esperienziale, comportamentale e fisiologica) di un’emozione nel momento in cui essa è stata già elicitata.
Per esempio, se l’esame è andato male possiamo cercare di nascondere il nostro imbarazzo o la nostra tristezza comportandoci come se non fosse accaduto nulla, modificando in questo caso la risposta comportamentale ed inibendo l’espressività emotiva di base.
Questo tipo di regolazione è chiamato “soppressione” ed è finalizzato ad inibire le espressioni esteriorizzate delle emozioni, come avviene tipicamente con l’espressività facciale. La soppressione, inoltre, può riguardare anche le esperienze interne, come pensieri o immagini che un soggetto, considerandoli disturbanti ed inopportuni, cerca in tutti modi di bloccare.
Oppure decidiamo di ubriacarci per attenuare il rammarico, spostando il target della modulazione sulla risposta fisiologica.
L’alcol e le droghe vengono spesso usate per modulare gli stati emotivi ed i loro correlati fisiologici, con tutte quelle conseguenze anche pericolose per i soggetti che ne fanno uso. Altre forme (di certo meno nocive) di regolazione della risposta emotiva quando è già iniziata sono le pratiche di rilassamento, lo yoga e il mero esercizio fisico.
Regolazione emotiva e flessibilità mentale
Le strategie di regolazione emotiva non sono aprioristicamente “adattive” o “maladattive”, ma vanno valutate in relazione al contesto ed agli obiettivi operanti nella specificità della situazione. A tal riguardo, le ricerche suggeriscono che non sono le strategie in sé, ma è l’uso flessibile di esse che costituisce un sano e “adattivo” processo di regolazione emotiva, efficace nel promuovere benessere psicofisico, adattamento e buon funzionamento sociale.
La capacità di usare flessibilmente le strategie di regolazione emotiva per modulare le reazioni in modo congruente agli scopi individuali ed alle richieste ambientali è uno degli aspetti che caratterizzano la multidimensionalità di questo costrutto psicologico.
Esso implica anche: consapevolezza e comprensione delle emozioni, accettazione delle emozioni, abilità a controllare risposte impulsive e mantenere un comportamento congruente con gli obiettivi contestuali durante un’esperienza emotiva negativa.
Disregolazione emotiva e disturbi psicologici
Carenze o assenza di alcune o di tutte le abilità sopra menzionate indicano una condizione di disregolazione emotiva che, secondo gli studi condotti sull’argomento, correla positivamente con la psicopatologia.
Per fare alcuni esempi:
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Le ricerche condotte sul Disturbo D’Ansia Generalizzato (DAG) hanno dimostrato che i soggetti che ne soffrono presentano strategie di regolazione emotiva inadeguata che prendono forma nel “worry”, caratteristica peculiare del DAG.
Il “worry” consiste in un’attività mentale, prevalentemente verbale, caratterizzata dal pensare e ripensare continuamente alle cose negative con lo scopo di prevederle e prevenirle. Uno degli scopi positivi attribuiti dai pazienti al “worry” è proprio l’attenuazione di uno stato emotivo spiacevole mediante la soppressione della componente fisiologica dell’ansia.
Alcune ricerche hanno evidenziato infatti una correlazione tra “worry” e controllo degli aspetti somatici dell’ansia (come ad esempio della risposta cardiovascolare).
Tuttavia, sfortunatamente per i pazienti stessi, il “worry” risulta una strategia di regolazione inefficace a lungo termine che, invece di sopprimere l’ansia, mantiene costante lo stato di allerta ed i suoi correlati fisiologici, impedendo al soggetto di affrontare adeguatamente le sue esperienze interne negative.
- Nel Disturbo Depressivo si riscontra un’altra attività mentale detta “ruminazione”, ovvero un processo cognitivo caratterizzato dal pensare ripetitivamente a sintomi, cause e conseguenze dei propri vissuti negativi. Diversamente dal “worry” (rivolto al futuro), i pensieri nella “ruminazione” sono principalmente focalizzati sugli eventi passati.
La “ruminazione” è considerata una strategia di regolazione maladattiva e controproducente. Infatti, se i soggetti credono di trovare soluzioni al malessere e ridurre la discrepanza tra condizione attuale spiacevole e condizione desiderata per ottenere un sollievo emotivo, in realtà esacerbano pessimismo e sintomi depressivi.
- Uno degli esempi più significativi di disregolazione emotiva lo troviamo nel Disturbo Borderline di Personalità, costituendone il suo fattore principale.
Nel tentativo di gestire il proprio caos emotivo, i pazienti ricorrono impulsivamente all’azione, senza fermarsi a riflettere. Questa impulsività può manifestarsi con violenti litigi, abbuffate, abuso di sostanze, gioco d’azzardo e vere e proprie condotte autolesive (tagliarsi con delle lamette, bruciarsi con sigarette) pur di regolare lo stato emotivo.
La capacità di regolazione emotiva gioca un ruolo importante nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi psicologici, per tal motivo il suo potenziamento è uno degli obiettivi cardine della Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.
Favorire un’adeguata regolazione affettiva non significa promuovere una tendenza all’evitamento o alla repressione di stati emotivi spiacevoli per incrementare, di contro, quelli positivi. Allo stesso tempo non comporta esporsi indiscriminatamente alle emozioni e farsi travolgere da esse.
Favorire una buona regolazione emotiva significa diventare capaci di riconoscere, elaborare, accettare e gestire in modo consapevole, flessibile e funzionale quelle che sono risorse preziose per la costruzione del proprio benessere bio-psico-sociale: le emozioni.
Dott. Spinelli
Riferimenti:
– Gross J.J. (2002). Emotion regulation: Affective, cognitive, and social consequences. Psychophysiology, 39, 281–291.
– Gross J.J. & Munoz R.F. (1995). Emotion regulation and mental health. Clinical Psychology. Science and Practice, 2, 151-164.
– Lazarus, R. S. (1991). Emotion and adaptation. London: Pxfford University Press.