Solitudine: quali conseguenze sulla salute mentale e fisica?

Solitudine: quali conseguenze sulla salute mentale e fisica?

Gli esseri umani sono esseri sociali e, in quanto tali, cercano naturalmente connessioni per sviluppare relazioni interpersonali significative e durature che forniscano un senso di appartenenza.
Il senso di appartenenza è fondamentale in quanto garantisce sopravvivenza, offre assistenza quando necessario e supporto al singolo individuo che impara a muoversi adeguatamente in una rete più ampia di persone.

Quando il bisogno di appartenenza non viene soddisfatto si può provare solitudine, un’esperienza molto comune che riguarda tutte le fasce di età, anche se tende ad aumentare durante l’adolescenza e l’età senile.

La solitudine nasce dal “vissuto soggettivo” di isolamento sociale ed è la percezione dell’insoddisfazione per interazioni sociali carenti in termini di quantità e soprattutto di qualità rispetto a quelle che si desiderano.
Il carattere soggettivo di tale esperienza ricopre un ruolo rilevante perché ci sono persone che vivono oggettivamente in modo solitario ma non si sentono sole, mentre ci sono persone che hanno una vita sociale apparentemente ricca ma si sentono ugualmente sole.

La solitudine può essere paragonata al dolore fisico.
Se il dolore fisico comunica che il nostro corpo ha bisogno di assistenza e motiva l’individuo a trovare sollievo, il vissuto di solitudine comunica che un bisogno psicosociale non è soddisfatto e spinge alla ricerca di connessione o riconnessione con gli altri per contrastare l’isolamento sociale.

Tuttavia, non tutti rispondono funzionalmente a questo segnale e la solitudine può diventare cronica.

Se ignorata, essa può avere importanti conseguenze sulla salute psichica e fisica di una persona.
Conosciamole più da vicino.

Relazione tra solitudine, aspetti psicologici e salute

Relazione tra solitudine, aspetti psicologici e salute

  • Solitudine e Depressione

Studi di meta-analisi hanno riscontrato associazioni significative tra solitudine e problemi di salute mentale come la depressione.

Le persone sole sono più a rischio di sviluppare depressione perché si sentono meno felici, insoddisfatte e generalmente più pessimiste.

Le indagini svolte su campioni di persone che mostravano indici significativi di solitudine hanno messo in evidenza che essa era accompagnata da vissuti di rifiuto, inferiorità, incapacità, bassa autostima, ritiro dalle attività sociali e ridotta soddisfazione di vita, ovvero vissuti che favoriscono e allo stesso tempo caratterizzano proprio uno stato depressivo.

Interessante, inoltre, è lo studio di Buecker e colleghi che hanno studiato la relazione tra solitudine e il modello a 5 fattori della personalità: estroversione, amicalità, coscienziosità, nevroticismo e apertura all’esperienza.
Dalla ricerca è emerso che la solitudine era positivamente correlata al nevroticismo e negativamente correlata all’estroversione.
Ovvero, chi soffre di solitudine avrebbe maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, più instabilità emotiva e insicurezza, mentre mostrerebbe minore emozionalità positiva e socialità. Il nevroticismo è una dimensione della personalità che rende vulnerabili allo sviluppo depressione.

  • Solitudine e Suicidio

Le ricerche sul suicidio hanno riscontrato una significativa associazione tra ideazione suicidaria e solitudine, con l’aumento di prevalenza di ideazione suicidaria all’aumento del grado di solitudine percepito.
La correlazione tra questi due fattori è stata individuata sia in gruppi di pazienti affetti da disturbi psichiatrici che in soggetti sani, sebbene le persone sole a cui è stata diagnosticata una malattia mentale abbiano un rischio più elevato di ideazione suicidaria.

I dati sino ad ora raccolti non dicono che la solitudine “causa” il suicidio, ma che la solitudine può rappresentare un fattore di rischio peggiorativo di un distress psicologico e contribuire ad incrementare la vulnerabilità al suicidio.

Allo stesso tempo, può essere la presenza di un disturbo mentale a determinare nel tempo vissuti di solitudine che, a loro volta, alimentano ideazioni e condotte suicidarie favorite dalla condizione di malattia mentale già in essere.

  • Solitudine e Disturbi di Personalità

La solitudine interagisce significativamente con i sintomi dei disturbi di personalità (DP).

Per quanto non sia ancora chiara tale correlazione e se la solitudine sia una diretta conseguenza di questa psicopatologia, si riscontra un incremento e un’intensificazione del vissuto di solitudine in persone con diagnosi di DP.
Una possibile spiegazione considera la compromissione del Sé e del funzionamento sociale tipici dei DP quali fattori che determinerebbero le difficoltà dei pazienti a connettersi in modo funzionale e stabile con gli altri, generando frequenti vissuti di emarginazione e rifiuto o, anche, vera e propria alienazione.

I deficit metacognitivi e di regolazione delle emozioni, espressioni della compromissione del Sé nei DP, possono contribuire all’incapacità di far fronte alla solitudine rendendo i vissuti di sofferenza più intensi e duraturi.

Allo stesso tempo, i timori centrali specifici dei vari DP possono rendere i pazienti più vulnerabili alla solitudine: si pensi alla paura del rifiuto nel disturbo evitante o alla paura di non essere valorizzati e validati nel disturbo narcisistico che, quando concretizzate, generano la rottura del senso di connessione e di appartenenza agli altri.

Sul piano interpersonale, le modalità emotive e comportamentali disfunzionali nei DP facilitano la rottura delle relazioni. L’essere rigidamente e sistematicamente impulsivi, ostili, sfiduciosi, paranoici, screditanti o presuntuosi (per fare degli esempi) complica notevolmente la riuscita nel costruire e mantenere relazioni significative, mentre di contro facilita l’allontanamento.
Di conseguenza la rete sociale si inaridisce, perde di qualità e viene meno anche la percezione di una valido supporto sociale.

L’essere oggettivamente soli, a sua volta,  aumenta il vissuto soggettivo di solitudine.

Ad oggi, gli studi condotti sulla correlazione tra DP e solitudine hanno evidenziato quei fattori intrapersonali ed interpersonali responsabili della genesi di circoli viziosi complessi ove solitudine e difficoltà di relazione nei DP si rafforzano a vicenda.

Ad esempio, nel disturbo borderline, narcisistico ed evitante di personalità si riscontra un’alta sensibilità al rifiuto.
Una persona che presenta tale sensibilità porta con sé una forte aspettativa di essere rifiutata in partenza, è ipervigile, focalizzata su tutti i segnali sociali associati al rifiuto e può essere così prevenuta da reagire eccessivamente al rifiuto.
Anche la solitudine è correlata ad una maggiore vigilanza ai segnali di rifiuto. Per cui si ritiene che essa influenzi le modalità interpersonali già disfunzionali dei DP, ma allo stesso tempo è il vissuto di solitudine medesimo ad essere influenzato dalle modalità interpersonali.

Un altro esempio di come solitudine e DP possano condizionarsi vicendevolmente riguarda le distorsioni nell’elaborazione delle informazioni.

Sia in uno stato di solitudine cronica, sia nei DP (anche se in questo caso più gravosamente), si riscontra una valutazione negativa di sé e degli altri, una rappresentazione di sé come persone escluse ed emarginate o come persone a forte rischio di rifiuto e disprezzo, una rappresentazione degli altri come inaffidabili e instabili, una distorsione dei segnali sociali interpretati facilmente come segnali di rifiuto.
Questa elaborazione favorisce il ritiro sociale ed il ritiro sociale rafforza a sua volta l’elaborazione distorta, con persistenti sentimenti di sfiducia, autocritica e vergogna.

Si evince, dunque, che la solitudine può ridurre ulteriormente la soddisfazione di vita nei DP e contribuire al peso complessivo della malattia.

  • Solitudine e Demenza

La solitudine rappresenta un importante fattore di rischio di demenza in età avanzata.
Alcuni studiosi la considerano persino come un indicatore prodromico del deterioramento mentale.

Ricerche condotte su persone con vissuti di solitudine cronica hanno evidenziato un declino della cognizione globale (memoria, abilità visuo-spaziali, funzioni esecutive e velocità di elaborazione delle informazioni) più rapido rispetto ai soggetti controllo (chi non sperimentava solitudine).

La lettura di questa associazione può essere duplice.

Da una parte la solitudine può essere conseguenza del deterioramento cognitivo che favorisce il ritiro sociale in quanto la persona non si percepisce più in grado di gestire le relazioni quotidiane e prova vergogna per le sue crescenti difficoltà che cerca di nascondere.
Dall’altra la solitudine potrebbe compromettere i sistemi neurali alla base della cognizione e della memoria, rendendo così gli individui solitari più vulnerabili agli effetti deleteri della neuropatologia e riducendo le loro riserve neurali.

I dati di alcune ricerche hanno, infatti, dimostrato che la solitudine stimola una risposta biologica allo stress che si esprime nella disfunzione del cortisolo. 
L’ippocampo è, in particolare, una delle aree cerebrali più sensibili agli ormoni dello stress per cui il suo funzionamento ne risulterebbe alterato comportando una riduzione delle capacità di memoria.

Inoltre,  si è scoperto che l’aumentata secrezione di cortisolo influisce negativamente sul cervello provocando una globale neurodegenerazione. 

Ad ulteriore supporto di tali conclusioni si riscontra nei pazienti con diagnosi di demenza livelli di cortisolo più alto rispetto a soggetti senza demenza.

  • Solitudine e Abuso di alcol

La solitudine è riconosciuta come un fattore che promuove e mantiene condotte di alcolismo.
Vari studi hanno dimostrato che nelle persone sole c’è una più alta frequenza di ricorso all’abuso di alcolici come risposta alla mancanza di sistemi più adattivi di supporto quali il sostegno sociale.

  • Solitudine e sonno

La solitudine compromette la qualità del sonno e favorisce disfunzioni diurne come affaticamento fisico-intellettivo e bassa energia.

In particolare, dagli studi su campioni di soggetti “soli” si riscontra una compromissione del sonno cosiddetto ristoratore con micro-risvegli notturni. Essi non determinano una effettiva riduzione delle ore di sonno, ma la rottura della continuità del sonno, ovvero quella caratteristica che lo rende qualitativamente soddisfacente.
Nelle persone sole, dunque, pur mantenendo un numero di ore di sonno normale, vi è un peggioramento della sua qualità.

Inoltre, sembra che solitudine e scarsa qualità del sonno si alimentino a vicenda.
In uno studio su adulti di mezza età che per tre giorni dovevano compilare un diario su sonno e solitudine, i risultati hanno evidenziato che, indipendentemente da età, sesso, etnia e condizioni di salute, i vissuti di solitudine predicevano una disfunzione diurna nel giorno successivo e che tale disfunzione, a sua volta, incrementava i vissuti di solitudine nel giorno seguente. Risultati che erano indipendenti dalla mera durata del sonno.

  • Solitudine e salute fisica

Da diversi studi emerge una correlazione positiva tra solitudine e deterioramento dello stato di salute fisica.

Ad esempio è stato riscontrato che la solitudine cronica, ancor più se presente sin dall’adolescenza, aumenta il rischio di malattia cardiovascolare.
Nello specifico, l’isolamento sociale e i sentimenti di solitudine correlano con alterazioni della pressione sanguigna che, giunti in età adulta, può stabilizzarsi su valori elevati rispetto a quelli normali, evolvendo più probabilisticamente in ipertensione.
Essendo l’ipertensione un fattore di rischio cardiovascolare, i dati emersi dalle ricerche concordano sul potenziale ruolo predisponente della solitudine nello sviluppo di malattie cardiovascolari.
Sebbene le cause fisiologiche della solitudine sulla pressione sanguigna devono essere ancora chiarite perché ci sono diversi fattori che influenzano la fisiologia vascolare, si ritiene che la solitudine contribuisca ad accrescere gli effetti deleteri delle concause sulla salute cardiovascolare.

Una delle plausibili spiegazioni è che lo stare con altre persone può incoraggiare a impegnarsi in comportamenti sani, migliorare l’accesso alle informazioni relative alla salute, consumare un’alimentazione più sana e fare esercizio regolarmente, riducendo così la propensione a ammalarsi. Condizioni più facilmente disattese in uno stato di solitudine.

Un altro impatto della solitudine sulla salute fisica deriverebbe dalla sua correlazione con una infiammazione periferica di basso grado. Questo tipo di infiammazione è associata a malattie infiammatorie come diabete di tipo II, artrite reumatoide, lupus e invecchiamento fisiologico accelerato.

Sul piano immunologico, la solitudine è in grado di mantenere uno stato di stress cronico che si esprime con alterazioni dei sistemi neuroendocrino e immunitario. La solitudine è stata, infatti, associata ad una immunità cellulare compromessa, come riflesso di una minore attività delle cellule natural killer e di titoli anticorpali più elevati.

Le ricerche condotte in questo campo condividono l’assunto che l’insorgenza della solitudine va a scapito della corretta risposta fisiologica e immunitaria allo stress nella popolazione sola.

Espressioni cognitive e comportamentali della solitudine

Espressioni cognitive e comportamentali della solitudine

  • Solitudine e cognizione di sè

Gli individui soli hanno più probabilità di avere bassa autostima.
Riferiscono di percepirsi come inutili, non amabili, socialmente goffi e sono ipersensibili al rifiuto. Queste caratteristiche favoriscono un circolo vizioso negativo che, alimentando la solitudine, mantiene in essere il senso di inutilità e disperazione.

Un altro aspetto della solitudine è che essa promuove uno stile di pensiero orientato al rimuginio ansioso e alla ruminazione depressiva, spingendo le persone sole a concentrarsi su pensieri negativi, promuovendo il pessimismo.

Di conseguenza anche l’attenzione è tendenzialmente focalizzata sugli aspetti negativi delle esperienze, soprattutto quelle di relazione.
Da alcuni studi è emerso, infatti, che nelle persone sole le funzioni esecutive sono più carenti rispetto agli altri e questo si traduce anche nell’adozione di comportamenti di vita maladattivi per far fronte ai vissuti di disagio.

  • Solitudine e comportamento

Le persone che soffrono di solitudine sono socialmente inibite e presentano abilità sociali poco efficaci, hanno timore di affrontare le sfide sociali e scarseggiano di assertività.
Possono mostrarsi indifese e agire in modo passivo, generando un’impressione di sé poco affabile che crea difficoltà nel costruire e mantenere le relazioni, nonché complicando la comunicazione e le interazioni nella vita professionale e personale.

Un’altra dinamica comportamentale di coloro che soffrono di solitudine cronica è il ritiro dalle attività sociali. Gli individui soli sono più inclini a evitare riunioni o rimpatriate.
Il ritiro sociale può peggiorare i sentimenti di solitudine e allontanare le potenziali fonti di supporto e di compagnia preferendo condotte disfunzionali per mitigare il loro dolore emotivo, come l’abuso di alcol.

Conclusioni

La solitudine può essere un’esperienza avversiva e dannosa.
Essa, come il dolore fisico fa con il nostro corpo fisico, segnala al nostro cervello la salute del nostro “corpo sociale”.

Così come ignorare la fame e la sete può essere nocivo per il corpo e la mente, anche ignorare la solitudine può contribuire alla compromissione della salute fisica e psichica.

Se qualcosa non sta andando per il verso giusto, la solitudine comunica che bisogna attivarsi per evitare danni, motivando alla ricerca di connessione e coesione sociale.

D’altronde gli essere umani, sin dall’inizio della loro esistenza, sono sopravvissuti proprio grazie alla ricerca di quella unione che sia nel nome di una coppia, di una famiglia o di una tribù per garantirsi il supporto e la naturale protezione di cui si ha bisogno.

Dott. Spinelli

Riferimenti:

– Hawkley L.C., Cacioppo J.T. ( 2010). Loneliness matters: a theoretical and empirical review of consequences and mechanisms. Ann Behav Med, 14:218–27.

– Phillips D.M., Finkel D., Petkus A.J. et al. (2022). Longitudinal analyses indicate bidirectional associations between loneliness and health. Aging & Mental Health, 27(6): 1217–1225.

– Rokach A. (2019). The psychological journey to and from loneliness: Development, causes and effects of social and emotional isolation. Academic Press.

– Buecker S., Maes M., Denissen J.A. et al. (2020). Loneliness and the Big Five Personality Traits: A Meta–Analysis. European Journal of Personality, 34(1): 8–28.

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