Gestire il pensiero magico e superstizioso del DOC

Gestire il pensiero magico e superstizioso del DOC

Il pensiero magico, al quale ho dedicato un articolo di approfondimento, può essere un tipo di ossessione tipica del DOC.

Esso può essere particolarmente angosciante da inficiare il benessere di una persona e richiedere un trattamento professionale mirato per favorirne la remissione sintomatologica.
Vi sono, però, alcuni accorgimenti che possono essere messi in atto per cercare di ridurne l’impatto nella vita quotidiana.

Scopriamoli insieme.

  • I pensieri non sono fatti

I pensieri sono rappresentazioni mentali che si sviluppano a partire dalle relazioni tra informazioni codificate in memoria. Per quanto molte di esse possano sembrare “concrete”, rimangono sempre costruzioni che fluttuano nella mente.
Questo vale tanto per concetti molto solidi quanto per concetti astratti. I pensieri rimangono pensieri, i fatti rimangono fatti. Ed i pensieri non sono fatti.

Si può assistere ad un gatto che giocando fa cadere un bicchiere rompendolo: questo è un fatto, pensare che il gatto ha rotto il bicchiere è un pensiero.
La matematica ci dice che 1+1 è uguale a 2: questo è un fatto, ma pensare che 1+1 è 2 rimane un pensiero.

Questo presupposto vale ancor di più per altre forme di pensiero che l’uomo genera quotidianamente. Si pensi alle ipotesi, alle previsioni, alle fantasticherie, alle preoccupazioni, ai giudizi.
Siamo capaci e liberi di pensare a qualsiasi cosa, anche illogica. Ad esempio 1+1 non è uguale a 3, ma nulla impedisce di pensarlo.
Pensare di vincere milioni di euro giocando al superenalotto è una fantasticheria, ma è possibile pensarlo e la si riconosce come una fantasticheria, come appunto solo un pensiero.

Perché, allora, quando si è spaventati che possa accadere qualcosa di catastrofico lo si considera vero?

Un modo per affrontare le ossessioni angoscianti è ricordare a se stessi che i propri pensieri non sono fatti confermati. Si può pensare ad una potenziale catastrofe, ma questo non la rende reale o più probabile. Esattamente come pensando ad una vittoria milionaria, questo non la rende automaticamente vera o più probabile.
Proviamo, allora, a creare pensieri che sappiamo essere improbabili o che percepiamo come solo pensieri ed esercitiamoci a farlo anche con le proprie preoccupazioni.

Diciamo a noi stessi: sono pensieri. Non sono fatti.

  • Alleggerire la responsabilità

Una caratteristica del DOC è il senso di colpa, il sentirsi responsabili di quello che di brutto può accadere a se stessi o agli altri.

La tendenza a ricercare una responsabilità, a comprendere le cause di circostanze avverse, è una tendenza normale nell’uomo. L’evoluzione ha permesso che il cervello umano sviluppasse la capacità di costruire nessi causali tra gli eventi, permettendo l’adattamento e il superamento dei problemi.
Purtroppo, però, questa capacità non viene sempre utilizzata solo nelle condizioni e nei momenti opportuni, ma può essere generalizzata a qualsiasi situazione, anche a quelle che obiettivamente non si possono controllare.

Questo accade molto facilmente nel DOC, ove il senso di responsabilità è accentuato ed esteso alle proprie azioni e pensieri, anche quando questi non hanno alcun coinvolgimento in ciò che accade.
Viene trascurato totalmente il ruolo del caso o minimizzato il ruolo di variabili esterne a se stessi.

Diventa importante, allora, riconoscere che gli eventi non accadono tutti per colpa di qualcuno, ma possono verificarsi per caso.
Sarebbe utile incoraggiarsi ad accettare la mancanza di responsabilità, comprendere che non si può controllare tutto, non si può prevedere ogni cosa, non sempre è colpa di se stessi o di altri.
Si può essere coinvolti in un evento, ma questo non significata necessariamente esserne i responsabili.

Ricordiamo: non è colpa mia, non posso controllarlo.

  • Sostituire  i rituali con attività che si possono controllare

Nel DOC sono presenti rituali e condotte di evitamento volti a ridurre l’angoscia o prevenire il danno.
Essi, nel tempo, possono diventare sempre più frequenti, estesi ed estenuanti da occupare quasi totalmente la giornata di una persona, privandola di esperienze gratificanti o utili alla propria realizzazione: si smette di uscire, si abbandonano hobby, si evitano occasioni di crescita personale o professionale, si trascura la propria famiglia, si deteriorano rapporti di amicizia ed altro ancora perché incatenati alle ossessioni ed ai rituali.

Un utile esercizio è quello di identificare e soffermarsi su quello che si può controllare, pianificando la giornata con obiettivi pratici e realizzabili.

Si può partire dalla definizione di obiettivi a brevissimo termine per poi passare ad obiettivi più a lungo termine, identificando e organizzando i corretti piani di azione per raggiungerli (pulizie di casa, preparazione dei pasti, esercizio fisico, lettura di un articolo o di un libro, svolgimento di un compito di lavoro, ecc).
Avere obiettivi da raggiungere sulla base di azioni chiare e concrete aiuta a tenere la mente concentrata su ciò che si può davvero controllare, e renderla meno occupata da ossessioni e rituali.

E’ bene precisare che questo esercizio non serve a risolvere definitivamente i sintomi del DOC, ma è un aiuto per rinforzare il senso di padronanza sulla vita di ogni giorno, facilitando l’accettazione di ciò che va al di fuori del proprio controllo.

  • Nutrire lo scetticismo

Avere un atteggiamento mentale scettico significa sospendere giudizi, conclusioni e previsioni che si danno per scontate senza avere dati attendibili che le sostengano.

In una ricerca, il pensiero magico del DOC è stato trattato facendo leggere ai pazienti materiale superstizioso che non era collegato con le loro credenze superstiziose ossessive.
E’ stato dato loro il compito di riflettere su tutti i motivi per cui non credevano al materiale che gli veniva presentato e poi ne discutevano con il terapeuta. Dopo otto sessioni, i sintomi complessivi del DOC risultavano significativamente ridotti, anche il loro personale pensiero magico.

Un piccolo esercizio che si può riproporre autonomamente è quello di partire da una superstizione semplice a cui già non si crede, ad esempio evitare di passare sotto una scala, di attraversare la strada dopo aver visto un gatto nero o leggere materiale di astrologia.
Il secondo passo è soffermarsi sul perché non si da credito a questi contenuti magici. In questo modo si favorisce un ragionamento scettico che va poi generalizzato anche alle personali superstizioni cui si crede.

Attenzione: questo esercizio non ha lo scopo di trovare le prove che disconfermino le proprie ossessioni, ma di riconoscere la fallacia del proprio pensiero magico e rinforzare l’idea che si tratta solamente di costruzioni mentali, come detto precedentemente di soli pensieri.

Riflettiamo: se si considera sciocco, illogico ed inutile non attraversare perché è passato un gatto nero, perché allora non dovrebbe esserlo anche la personale convinzione che bisogna pensare in un certo modo per non far accadere qualcosa di brutto?

  • Eseguire la ERP

La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato che uno dei trattamenti più efficaci è la cosiddetta ERP, ovvero esposizione con prevenzione della risposta. In sintesi essa consiste nell’esporsi ad una situazione temuta, quindi alle ossessioni, sospendendo ogni forma di compulsione e di evitamento.

Si tratta, però, di una strategia spesso difficile da eseguire in autonomia perché la persona ha troppa paura di esporsi alle situazioni ansiogene e può non essere capace di graduarle e gestire le compulsioni correttamente.
In questo caso sarebbe opportuno eseguirla insieme ad un terapeuta che spieghi, guidi e aiuti la persona durante l’intera procedura.

Dott. Spinelli

Riferimenti:

– Einstein D., Menzies R., St Clare T., Drobny J., Helgadottir F. (2011). The treatment of magical ideation in two individuals with obsessive compulsive disorderThe Cognitive Behaviour Therapist, 4(1), 16–29.

– Bergez C., Ramirez C., Grebe C., Perez I., Viana G., Storch A., Schneider C., (2020). Efficacy of exposure-based cognitive behavioral therapy for youth anxiety and obsessive-compulsive disorder. Clinician’s Guide to Integrated Treatment, 21-37.

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