Pensieri intrusivi disturbanti e pensieri normali: ci sono differenze?

Pensieri intrusivi disturbanti e pensieri normali: ci sono differenze?

Il pensiero umano, diversamente da quello che si può pensare, non è sempre lineare, logico ed orientato verso uno scopo o un compito.
E’ spesso permeato naturalmente da attività cognitive indesiderate che interferiscono con la capacità di impegnarsi in un pensiero produttivo e performante.
Esempi concreti di tali interferenze sono le distrazioni, i pregiudizi attentivi, i vuoti di memoria, il sognare ad occhi aperti, le ruminazioni, le divagazioni mentali.

Tuttavia questi eventi mentali, ad alcune condizioni, possono ostacolare i quotidiani compiti intellettivi ed i consueti comportamenti sociali ed arrivare, persino, a svolgere un ruolo significativo in una serie di condizioni psicopatologiche.
Si tratta di pensieri, immagini o impulsi intrusivi indesiderati che sono principalmente auto-orientati, emotivamente carichi e che interrompono il flusso di pensiero. Spesso attirano l’attenzione, determinando una risposta finalizzata a regolare o controllare l’intrusione e, con essa, l’angoscia associata.

La mole di ricerche svolte negli ultimi 30 anni ha dimostrato che le intrusioni mentali indesiderate sono presenti nei soggetti sani e sono simili, tanto per forma quanto per contenuto, a quelle presenti nei soggetti clinici (ovvero che presentano una psicopatologia).
Sarebbe necessario chiedersi perché, anche se così comuni, ci sono persone che soffrono più degli altri e quali sono le effettive differenze tra le intrusioni mentali dei soggetti sani e quelle dei soggetti clinici.

Sulla base di numerosi studi e di corpose ricerche scientifiche, gli psicologi più autorevoli che hanno più di recente dedicato il lavoro clinico e sperimentale ai pensieri disturbanti come ad esempio David Clark, Adrian Wells, Christine Purdon (solo per citarne alcuni) , definiscono eventi mentali disturbanti quei pensieri, immagini o impulsi che si distinguono per l’essere invadenti, indesiderati, non intenzionali e ricorrenti.
Inoltre, sono eventi mentali che si originano dall’interno anche indipendentemente da uno stimolo esterno, interrompono il flusso di pensiero, interferiscono nell’esecuzione di un compito, sono associati ad effetti negativi, sono difficili da controllare e considerati come qualcosa da reprimere o da evitare.

Le principali caratteristiche dei pensieri, immagini, impulsi disturbanti vengono da loro riassunti in questi punti:

  • Un pensiero, un’immagine o un impulso distinto che entra nella consapevolezza cosciente
  • Attribuito a un’origine interna
  • Considerato inaccettabile o indesiderato
  • Interferisce nell’attività cognitiva e/o comportamentale in corso
  • È involontario o non intenzionale
  • Tende ad essere ricorrente o ripetitivo
  • Cattura facilmente le risorse attentive ed è altamente distraibile
  • È associato a emozioni negative (ansia, disforia e senso di colpa)
  • Difficile da controllare ed eliminare

Contenuti e processi dei pensieri disturbanti

contenuti e processi pensieri disturbanti

Poiché qualsiasi pensiero, immagine o impulso possono essere vissuti come invadenti e indesiderati è importante identificare sia i contenuti che i processi del pensiero che consentono di definire la loro rilevanza da un punto di vista clinico.

Sul piano dei contenuti, i pensieri disturbanti sarebbero i pensieri considerati “distorti”, ovvero che non hanno un riscontro oggettivo nella realtà.
A titolo di mero esempio, si pensi ad un persona depressa che, dopo aver fallito ad un esame, si considera una persona fallita e conserva nel tempo questa idea di sé, mentre invece in molta altre aree della sua vita ha evidente successo.
Oppure a chi soffre di disturbi di ansia, i cui contenuti mentali riguardano la minaccia o la vulnerabilità, che vede pericoli dietro ogni evento o comportamento anche del tutto innocui.
Ci sono, poi, le persone costantemente iraconde e rabbiose, i cui pensieri sono sempre pregni di significati di ingiustizia personale anche quando, dall’altra parte, non c’è alcuna intenzione malevola o può trattarsi di innocenti sviste o solo del semplice caso.
Ed, ancora, i soggetti con delle ossessioni, per i quali i contenuti mentali sono vissuti come egodistonici, ovvero contrari alla propria identità o al senso del Sé, oltre ad essere contenuti mentali carichi di senso di responsabilità personale per quello che può accadere.

Sul piano dei processi, una prima caratteristica è la natura interna del pensiero, dell’immagine o impulso, ovvero la persona riconosce che il pensiero disturbante è un suo pensiero.

La seconda peculiarità, molto distintiva di questi pensieri, è l’indesiderabilità: l’individuo non li vuole, non li accetta. Questo è un indice distintivo che va sempre tenuto in considerazione per distinguere questi eventi mentali problematici da altri che possono essere sì invadenti, ma non disturbanti al punto da creare disagio psicologico come le innocenti fantasticherie, i sogni ad occhi aperti e le semplici ispirazioni.

Un altro segno peculiare di questi pensieri disturbanti e problematici è la loro capacità di interferire con un compito in corso o con il comportamento orientato all’obiettivo. Nel momento in cui compaiono, attirano tutta l’attenzione, distraggono ed ostacolano quello che si sta facendo o si deve fare. Risulta, inoltre, difficile ignorarli.

Tra le altre caratteristiche chiave dei pensieri disturbanti vi sono sia la loro involontarietà, ovvero la persona non li produce intenzionalmente, sia la mancanza di uno scopo prefissato, ovvero l’individuo non li produce per un fine preciso, bensì sono pensieri che hanno una sorte di “indipendenza intenzionale”.

In conclusione si può ritenere che, nei soggetti non clinici, i pensieri disturbanti sono piuttosto comuni  e sono tutti quegli eventi mentali connotati dal fatto di essere intrusivi, indesiderati, egodistonici, di origine interna ma che possono essere facilmente generati anche da stimoli esterni (ad esempio circostanze stressanti od eventi emotivamente incisivi).

La distinzione di tali pensieri da quelli tipici delle condizioni psicopatologiche va fatta non sulla base della loro presenza o assenza, ma sulla base di un continuum che tenga conto del grado di diverse variabili (che può cambiare a seconda della condizione clinica presa in esame):

1) frequenza (bassa o alta frequenza)

2) indesiderabilità (bassa o alta indesiderabilità)

3) resistenza alle intrusione (bassa o alta resistenza)

4) percezione del controllo (bassa o alta percezione)

5) egodistonicità (bassa o alta egodistonicità)

6) impatto sul flusso cosciente dei pensieri (basso o alto impatto sul flusso cosciente)

7) spinta alla neutralizzazione (bassa o alta spinta)

8) impatto sulla vita quotidiana  (basso o alto impatto)

Se prendiamo, ad esempio, l’ossessivo compulsivo, lo stato mentale del soggetto è generalmente caratterizzato dalla presenza di tutte queste variabili con un grado alto ad eccezione della percezione di controllo il cui grado è basso, rispetto ad una persona che non soffre del disturbo, la quale avrà una buona percezione di controllo sui suoi pensieri intrusivi, con grado più basso per tutte le altre variabili.

Dott. Spinelli

Riferimenti:

– Clark D. (2004). Cognitive-behavioral therapy for OCD. New York: Guilford Press

– Clark D., Purdon, C. (1995). The assessment of unwanted intrusive thoughts: A review and critique of the literature. Behaviour Research and Therapy, 33, 967–976.

– Wells A. Morrison A. (1994). Qualitative dimensions of normal worry and normal obsessions: A comparative study. Behaviour Research and Therapy, 32, 867–870.

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