Affrontare e gestire l’ansia
8 Aprile 2022

Provare ansia è normale, tutte le persone la esperiscono per svariati motivi.
D’altronde si tratta di un’emozione umana offerta dall’evoluzione per prevenire le minacce e preparare l’organismo ad affrontare un possibile problema.
Una persona può avere un appuntamento di lavoro molto importante, teme di poterlo saltare, prova ansia e si prepara con anticipo per assicurarsi di arrivare puntuale.
Uno studente deve affrontare un esame, si sente agitato perché il suo esito può condizionare il percorso futuro, allora si prepara con dedizione.
Un genitore manda suo figlio ad un campo estivo, avverte un po’ di preoccupazione e chiama saltuariamente per assicurarsi che tutto stia andando bene.
Tuttavia c’è chi prova un’ansia più problematica, quell’ansia capace di determinare un disagio costante sino a compromettere la propria vita.
Una persona può avere un’immagine negativa di sé, teme di non piacere e, per difendersi dal rifiuto, tende ad evitare di conoscere altre persone o declina proposte di appuntamento.
Un lavoratore ha paura di esporsi in pubblico ed evita sessioni di team working o presentazioni orali, mettendo a rischio la sua posizione.
Un ragazzo, particolarmente sensibile ai segnali di salute, alla prima avvisaglia di un malanno, si agita perché pensa che potrebbe essere qualcosa di grave. Inizia, allora, a rimuginare sulle sue sensazioni, a fare continue ricerche da non pensare ad altro, a chiedere in modo assillante rassicurazioni a chi gli sta intorno.
Una ragazza si reca ad una festa, l’essere in mezzo a tanta gente la agita al punto da tornare a casa e si critica dandosi della debole o della malata, convincendosi che non è capace di viversi la vita.
E così via, gli esempi possono essere innumerevoli.
Quando è presente un tipo di ansia come questa, problematica ed inficiante, le persone iniziano ad adottare comportamenti e soluzioni che, dal loro punto di vista, dovrebbero lenire il disagio, ma che in realtà non fanno altro che accrescere il malessere.
Ne sono un esempio i circoli viziosi dell’attacco di panico.
Non basta, però, semplicemente dirsi di non essere ansiosi o comportarsi come se non lo si fosse per gestire la situazione.
Un primo passo importante è acquisire consapevolezza della propria ansia e dei comportamenti insidiosi che si attuano per difendersi da essa, per poi iniziare gradualmente a metterli in discussione.
I consigli che seguono non hanno la pretesa di guarire un disturbo d’ansia, per il quale rimane l’indicazione di collaborare con un professionista, ma possono rappresentare dei suggerimenti utili quantomeno a contrastare alcuni processi di mantenimento che ingigantiscono il problema.
Non invalidare l’ansia
Rimproverarsi e criticarsi per il fatto di provare ansia non serve, anzi aggiunge solo un ulteriore problema.
L’ansia è un’emozione umana e va prima di tutto accettata.
Coloro che non soffrono di forme di ansia invalidanti sono generalmente persone che non si criticano o non si colpevolizzano per il fatto di vivere stati di ansia. Si rendono conto di agitarsi prima di un compito o quando devono affrontare una situazione, non si giudicano e considerano normale questa reazione.
L’accettazione consente di elaborare più rapidamente il vissuto emotivo, facendolo passare più spontaneamente.
Diversamente, chi sperimenta ansia problematica, è incline a criticarsi e a svalutarsi, un atteggiamento che può solo aggravare la situazione.
Si pensi a quelle persone che considerano il provare ansia come un segno di debolezza e fanno di tutto per soffocarla.
Il punto è che, come detto precedentemente, si tratta di un’emozione umana, per cui si cerca di eliminare una caratteristica tipica dell’uomo.
Cosa accadrebbe se si iniziasse a non accettare il fatto di avere 5 dita? Come ci si comporterebbe per nascondere o risolvere il problema?
Non penso si riuscirebbe a trovare una soluzione tanto efficace.
Per cui, quando ci si sente ansiosi, prima di tutto riconosciamo e poi normalizziamo lo stato emotivo. Soffermiamoci a identificare il possibile fattore scatenante e riflettiamo sul fatto che sentirsi in questo modo ha un senso per noi, per la nostra storia.
In questo modo si cerca di accogliere lo stato ansioso invece di rigettarlo, si concede a se stessi la possibilità di vivere quello che si sta provando anche se non piace, si evita di attuare comportamenti impulsivi di protezione che complicano la situazione o atteggiamenti ipercritici che alimentano il disagio.
Non evitare ogni situazione ansiogena
Evitare una situazione che determina ansia è del tutto sensato.
Se si pensa che guidare provochi ansia, si evita di prendere la macchina, l’ansia scompare e si prova sollievo. E’ una dinamica semplice e più che normale.
Tuttavia, l’evitamento non permette di imparare a gestire una situazione.
Al contrario, trasferisce alla situazione un potere ancor più minaccioso cosicché, quando ci si troverà nuovamente di fronte a quella circostanza, si vivrà più ansia.
Allo stesso tempo, l’evitamento impoverisce la propria vita, rende inaccessibili esperienze che potrebbero essere gratificanti e molto arricchenti sul piano esistenziale.
Dunque, se c’è una sistematica tendenza ad evitare, proviamo ad affrontare la situazione temuta procedendo per piccoli passi.
Riprendendo banalmente l’esempio della macchina, si può pensare di iniziare sedendosi sul lato del passeggero, successivamente su quello del conducente rimanendo con la macchina spenta; iniziare ad accendere la macchina e ascoltare il rumore del motore; poi esercitarsi in un parcheggio vuoto; ancora, arrivare a guidare per brevi tratti in strade poco trafficate e cosi via.
Il concetto di base, valido per tutte le altre situazioni, è di esporsi gradualmente alla situazione temuta, imparare a stare in compagnia dell’ansia sin quando essa non cala per poi passare a condizioni sempre più ansiogene. Da una parte si impara ad accettare l’ansia in sé come una normale e innocua condizione emotiva, dall’altra si costruisce maggiore fiducia nel saper gestire situazioni inizialmente percepite come catastrofiche.
Non cercare troppe rassicurazioni
Quando ci si sente ansiosi, è istintivo cercare delle rassicurazioni.
Che si tratti di un dolore a qualche parte del corpo o di un errore commesso, viene da sé attivarsi per capire se si tratti di qualcosa di importante o che non sia successo nulla di grave.
Il problema sorge quando la ricerca di rassicurazione da occasionale diventa frequente ed eccessiva.
Se di fronte all’ansia si cercano continuamente rassicurazioni, si apprende che solo grazie ad esse si può ridurre il proprio disagio emotivo.
Inoltre, esse hanno un effetto breve, tutt’altro che duraturo al punto da arrivare a chiederne sempre di più.
Le rassicurazioni diventano, allora, una sorta di droga che crea dipendenza e che non aiuta a sperimentare, invece, il fatto che l’ansia, una volta riconosciuta ed accolta, può ridursi naturalmente da sola.
Con questo non si vuol dire alla persona ansiosa di interrompere di colpo la ricerca di rassicurazioni, ma che può intervenire per cercare di agire in modo alternativo: invece di cercare e chiedere subito rassicurazioni, darsi del tempo (anche inizialmente un minuto) prima di farlo.
Successivamente aumentare gradualmente il tempo di attesa, mentre si impara a tollerare l’ansia autonomamente.
Allo stesso modo, se c’è l’abitudine di rivolgersi subito ad un proprio caro, si può dirgli che si sta lavorando sulla gestione dell’ansia e che, di fronte ad una richiesta di rassicurazione, egli dovrà trattenersi dal darla.
Ricordiamo: chiunque prova ansia, la differenza tra chi ne viene travolto e chi no risiede nel modo in cui la si affronta e la si gestisce.
Dott. Spinelli
Riferimenti:
– Harris R. (2006). Embracing Your Demons: an Overview of Acceptance and Commitment Therapy. Psychoterapy in Australia, vol. 12, n° 4