Dissonanza cognitiva: cosa succede nel nostro cervello
1 Febbraio 2022

La dissonanza cognitiva, come approfondito in un precedente articolo ad essa dedicato, è una condizione di disagio psicologico che si prova quando si cerca di mantenere contemporaneamente due o più convinzioni incoerenti tra loro o quando si ha una convinzione ma si sta agendo contrariamente ad essa.
Un semplice esempio riguarda chi è a dieta ma mangia qualcosa di vietato rispetto al programma alimentare, per cui riduce la dissonanza cognitiva esperita dicendosi “tanto uno sgarro non fa nulla” oppure pensando di andare a correre l’indomani.
La dissonanza cognitiva è implicata anche in un altro fenomeno psicologico, il cosiddetto bias di conferma, una forma di distorsione cognitiva che, soprattutto in questo periodo di pandemia, sta avendo molto respiro, alimentando visioni complottiste e fake news.
Cosa succede nel cervello quando è presente la dissonanza cognitiva?
Studi condotti con risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno permesso di identificare le aree cerebrali correlate alla dissonanza.
Si è visto che una delle aree coinvolte è la parte posteriore della corteccia frontale mediale (pCFM), nota per giocare un ruolo importante nei processi decisionali.
Nelle ricerche con fMRI, nei soggetti posti sperimentalmente nelle condizioni di mentire nonostante consideravano sbagliata la menzogna mediante un compito di conflitto tra convinzioni ed azioni, l’area del cervello che si illuminava era proprio la pCFM.
Alcuni studi, inoltre, hanno messo in luce come, diminuendo temporaneamente l’attività nella pCFM, usando una tecnica chiamata stimolazione magnetica transcranica, i processi decisionali e la dissonanza cognitiva subivano delle alterazioni durante compiti sperimentali.
Altre regioni sono coinvolte nel fenomeno della dissonanza cognitiva: l’insula, la corteccia cingolata anteriore (CCA) e la corteccia prefrontale dorsolaterale (CPFDL). La prima si attiva particolarmente quando si è turbati emotivamente, mentre la seconda e la terza sono responsabili della regolazione delle emozioni, della previsione delle azioni altrui e della pianificazione flessibile del comportamento.
In uno studio, i partecipanti dovevano dire ad altri partecipanti che avrebbero eseguito un compito divertente. In realtà il compito era noioso e sarebbe stato svolto in una postazione scomoda, all’interno dello scanner di risonanza magnetica.
Erano previste due condizioni: nella prima, ai partecipanti A era dato un incentivo economico; nella seconda, ai partecipanti B nessuna ricompensa economica.
Nella prima condizione, l’incentivo economico serviva per ridurre la dissonanza e giustificare quindi un comportamento incoerente con le proprie convinzioni (i partecipanti A, pagati, affermavano agli altri di dover eseguire un compito piacevole quando non lo era).
Nella seconda condizione, invece, si creava dissonanza, perché i partecipanti B dovevano affermare che il compito era divertente quando in realtà era noioso e scomodo, senza aver avuto nemmeno un incentivo economico.
In questa seconda condizione, quando i partecipanti esprimevano opinioni contrarie senza una giustificazione sufficiente (appunto non avevano alcuna ricompensa), alla fMRI risultavano attivate la CCA e l’insula anteriore.
Già ricerche precedenti avevano associato queste regioni cerebrali ad emozioni negative e alla consapevolezza soggettiva delle emozioni. I risultati sono, dunque, coerenti con l’idea che la dissonanza cognitiva sia uno stato emotivo sgradevole.
Altre ricerche in cui è stato utilizzato l’EEG hanno dimostrato che il CPFDL, specialmente sul lato sinistro, svolge un ruolo chiave nei processi di riduzione della dissonanza.
L’attività della CPFDL sinistra risultava più alta quando i partecipanti dovevano scrivere un saggio dai contenuti contrari alle proprie convinzioni senza una giustificazione sufficiente, rispetto alla condizione opposta in cui era fornita una giustificazione adeguata (e quindi c’era molta meno dissonanza cognitiva).
Inoltre si è visto che l’interruzione dell’attività della CPFDL mediante elettrodi riduceva la razionalizzazione delle proprie convinzioni conseguente alla dissonanza cognitiva.
In conclusione, i risultati di queste ricerche condotte sia con fMRI sia con EEG suggeriscono che:
– la corteccia cingolata anteriore svolge un ruolo chiave sia nel rappresentare che nel ridurre la dissonanza cognitiva;
– l’insula anteriore è correlata a reazioni emotive passive alla dissonanza cognitiva (ovvero nella sola rappresentazione della dissonanza);
– la corteccia prefrontale dorsolaterale presiede il processo di riduzione attiva della dissonanza quando percepita dall’individuo.
Dott. Spinelli
Riferimenti:
– Izuma K. (2015). Attitude Change and Cognitive Consistency. Brain Mapping: An Encyclopedic Reference, 3, 247–250.
– Buckley T. (2015). What happens to the brain when we experience cognitive dissonance?. American Mind 26(6):72-72.
– Festinger L. A. (1957). Theory of Cognitive Dissonance. Evanston, IL: Ros, Peterson.