Invidia: cause, funzione e tipi di un’emozione ambigua

Invidia: cause, funzione e tipi di un’emozione ambigua

L’invidia è un’emozione complessa caratterizzata da sofferenza e sentimenti tendenzialmente ostili.
Essa allarma l’individuo rispetto ad una sua presunta posizione di inferiorità rispetto ad un altro e lo motiva ad adottare comportamenti finalizzati alla riduzione di tale sofferenza e vissuto di soggezione.

Secondo la prospettiva teorica detta “scopistica”, l’invidia nasce da un confronto tra individui il cui oggetto è il potere.

Un soggetto A prova invidia per il soggetto B quando, confrontandosi con lui rispetto ad uno scopo (ad esempio avere una macchina nuova, un certo fidanzato, una promozione a lavoro) assume di avere meno potere rispetto al soggetto B e prova malanimo nei suoi confronti, desiderando non solo di raggiungere quello che l’altro possiede, ma che l’altro non raggiunga o perda i suoi scopi.

Avere la macchina nuova o la promozione a lavoro sono da considerare scopi “sotto ordinati”, ovvero fanno parte di un piano finalizzato a raggiungere un sovrascopo che, nell’invidioso, è il non avere meno potere di B.

Lo scopo di non avere meno potere o averne di più è essenziale nel vissuto di invidia e spiegherebbe come mai si possa provare tale sentimento anche di fronte a paragoni apparentemente insensati.

Ad esempio una persona A può provare invidia per B perché questi è riuscito a vincere una medaglia a tennis senza che A giochi o abbia interesse per tale sport. Oppure A può provare invidia perché B ha scritto un libro, nonostante A non sia né scrittrice né lettrice.

Come mai accade questo?

Perché la vendita del libro o la medaglia diventano occasione di confronto di potere, dove la persona invidiosa si percepisce inferiore o incapace rispetto all’altro.

Va però sottolineato che, nonostante si possano verificare situazioni come quella poco sopra descritta, l’invidia la si prova soprattutto quando c’è vicinanza con l’invidiato.

Per vicinanza si intendono due aspetti:

1) la conoscenza dell’altro: se A conosce B, il confronto di potere viene più facile.
Inoltre, il frequentarsi aumenta le occasioni di tale confronto e la probabilità di sperimentare i sentimenti negativi associati.

2) la somiglianza di scopi e di potere: se A e B hanno uno status socioeconomico simile, se hanno ambizioni e scopi simili, il confronto di potere ne viene ulteriormente favorito.
Se, invece, le condizioni di partenza o gli scopi sono diversi, i personali successi o insuccessi non sono facilmente comparabili.

Questa dinamica chiama in causa anche altri due scopi che, insieme al potere, sono i due scopi frustrati nell’invidioso: quello dell’immagine e dell’autoimmagine.

Se dal confronto l’invidioso si percepisce inferiore in termini di potere, può essere minacciato anche il suo scopo della buona immagine: agli occhi altrui, ed in particolare agli occhi di chi fa parte della stessa cerchia, l’invidioso si percepisce come persona dal minor valore e minore stima.
Allo stesso modo, se l’invidioso confrontandosi con l’altro assume di avere meno potere, è spinto a valutare se stesso negativamente. Ecco che anche lo scopo dell’ autoimmagine ne risulta minacciato.

Tuttavia questo è solo uno degli approcci teorici allo studio dell’invidia, che ne enfatizza soprattutto il carattere negativo.
Secondo altre prospettive l’invidia è una emozione dalla natura multicomponenziale.

Tipi di invidia

Tipi e forme di invidia

Alcuni studiosi hanno identificato tre tipi di invidia: l’invidia benigna, l’invidia maligna e l’invidia depressiva.

– Invidia benigna: è caratterizzata da emozioni, cognizioni e motivazioni orientate a migliorare la condizione dell’invidioso ed è accompagnata generalmente da sentimenti meno ostili.
Chi prova invidia benigna può presentare pensieri quali “invidiare gli altri mi spinge ad impegnarmi ed a portare a termine i miei obiettivi”, oppure “mi sforzo nel raggiungere standard migliori di quelli altrui”.
Questo tipo di invidia fa sì che la persona desideri per sé “l’oggetto invidiato” e, preso da tale desiderio, è motivata a crescere e ad emulare la persona invidiata.

Dagli studi emerge che l’invidia benigna è correlata a sentimenti più positivi verso la persona invidiata, ad un’attenzione verso i mezzi per ottenere quello che l’altro ha ed ad un impegno nell’incrementare le proprie prestazioni.

Risulta, inoltre, che chi presenta una predisposizione all’invidia benigna ottiene risultati più alti in prove accademiche e sportive, mostra un livello di benessere più elevato, riceve maggiore ammirazione dai coetanei rispetto a chi, invece, ha una bassa predisposizione a sperimentare questo tipo di invidia.

Sostanzialmente l’invidia benigna porta ad una riduzione della differenza tra invidiato e invidioso migliorando il livello della persona invidiosa.

– Invidia maligna: è caratterizzata da emozioni, cognizioni e motivazioni orientate a danneggiare la posizione dell’invidiato o comunque a desiderare che l’altro perda la sua percepita superiorità.

Chi prova invidia maligna può presentare pensieri quali “spero che l’altro perda i suoi vantaggi”, oppure “se l’altro ha qualcosa che io desidero, voglio portarglielo via”.
Essa è correlata a sentimenti negativi verso la persona invidiata ed a comportamenti ostili nei suoi confronti. Inoltre, l’attenzione non è orientata sull’oggetto invidiato, ma sulla persona invidiata.

L’invidia maligna, diversamente da quella benigna, riduce la differenza tra invidioso e invidiato non migliorando la posizione del primo, ma livellando verso il basso quella del secondo.

– Invidia depressiva: è caratterizzata da sentimenti di incapacità, umiliazione ed impotenza quando l’altro si confronta con la persona invidiata.
La persona che sperimenta tale forma di invidia può decidere di uscire dalla competizione, rinunciando ai suoi obiettivi ed alle sue aspirazioni di crescita.
In alcuni casi si allontana dalla persona invidiata o, meglio, si disimpegna dalla persona invidiata per non confrontarsi con il suo vissuto di sconfitta e di inferiorità.

Sulla base di alcune ricerche, diverse variabili intervengono per spiegare come mai si tende a sperimentare una invidia più maligna o più benigna.

Ad esempio un ruolo lo giocherebbe la percezione di controllo personale.
Ovvero, se la persona crede di avere una buon grado di controllo nell’ottenere l’oggetto o la condizione che sono invidiati, è predisposta a sperimentare una invidia più benigna; mentre se la percezione di tale controllo è bassa, prevarrebbe una emozione di invidia maligna.

Un’altra variabile sarebbe il merito della persona invidiata.
Se la persona invidiosa crede che l’altro si sia meritata la sua condizione di superiorità, è incline a provare invidia benigna. Diversamente, se crede che l’invidiato non si sia meritato il suo status vantaggioso, si genererebbe una invidia più maligna.

A cosa serve l’invidia?

Funzione e scopi dell'invidia

Secondo alcune teorie lo scopo dell’invidia sarebbe quello di ridurre la differenza tra l’invidioso e la persona invidiata, per cui tale emozione avrebbe un ruolo nella regolazione delle gerarchie sociali.

Le gerarchie sociali possono basarsi su due fattori:

1) il prestigio: si acquisisce un certo status agli occhi degli altri grazie al successo e condividendo le proprie competenze;

2) il dominio: lo status agli occhi altrui è raggiunto attraverso l’intimidazione e la paura.

Da questa prospettiva teorica, quando è chiamato in causa il prestigio, è soprattutto l’invidia benigna che trova un ruolo nel regolamentare le disparità.
Ovvero, coloro che sono invidiati e sono percepiti prestigiosi stimolano gli altri a credere che il miglioramento sia possibile e che raggiungere il prestigio è fattibile incrementando le proprie abilità sociali.

Diversamente, quando le divergenze e le gerarchie si fondano sul dominio è l’invidia maligna che interviene a rimodulare le differenze.  
Coloro che hanno uno status di vantaggio mediante il dominio  tendono ad essere dispotici, di conseguenza gli altri nutrono rancore nei loro confronti. Per raggiungere lo stesso prestigio caratterizzato dal dominio, gli invidiosi diventano inclini ad impegnarsi in azioni ostili per incrinare lo status di vantaggio dell’altro.

Queste due forme di invidia, che avrebbero lo scopo di regolare la posizione dell’invidioso, servirebbero anche a preservarlo da un confronto scoraggiante con l’altro.
In altre parole, colui che prova invidia, nel momento in cui si confronta con l’invidiato, non percepirebbe più così pesantemente il suo status di svantaggiato, riducendo il vissuto di sofferenza.

In tal senso, l’invidia non servirebbe solo sul piano sociale, ma anche sul piano interpersonale per attenuare l’esperienza dolorosa.

Alcune ricerche hanno prodotto dati a favore di queste argomentazioni, mostrando come le persone che provano invidia benigna si confrontano con altri percepiti prestigiosi e tendono ad emularli.
Al contrario, le persone che sperimentano invidia maligna si confrontano con altri percepiti come dominanti, portando ad un deterioramento della relazione che è caratterizzata dal conflitto.

In entrambi i casi, lo scopo è quello di ridurre il gap con l’invidiato e sperimentare un minor disagio confrontandosi con lui.

Tuttavia, non bisogna pensare che l’invidia sia sempre funzionale.

Ad esempio, non è detto che provare invidia benigna porterà inevitabilmente ad un autoaccrescimento delle proprie abilità ed al raggiungimento dello status di colui che è invidiato, così come l’invidia maligna non garantisce necessariamente il danneggiamento della posizione dell’altro.

La funzionalità dell’invidia dipende, infatti, da fattori tanto contestuali quanto personali.

Un aspetto su cui generalmente si concorda è che quando l’invidia risulta un’emozione persistente e viene facilmente attivata dal confronto con l’altro, essa indipendentemente dalla sua funzione favorisce infelicità.

Nelle persone che provano frequentemente invidia l’autostima è condizionata in modo rilevante dal confronto sociale. Tuttavia, nella vita ci saranno sempre persone migliori di sé per qualche caratteristica o qualche condizione di vantaggio.
Ecco allora che il malcontento e lo sconforto saranno sempre sulla soglia del proprio mondo emotivo.
Le interazioni con gli altri possono, così, provocare con facilità inquietudine e risentimento, comportando nel lungo periodo risvolti negativi sul piano sociale e personale.

Per tal motivo, se l’invidia risulta una costante emotiva nella vita di una persona richiamerebbe un certo interesse (anche sul piano clinico) per comprenderne l’eventuale impatto invalidante, affinché si possano promuovere strategie funzionali ad una migliore regolazione delle emozioni e delle dinamiche interpersonali.

Dott. Spinelli

Riferimenti:

– Lange J., Crusius J. (2015). The tango of two deadly sins: The social-functional relation of envy and pride. Journal of Personality and Social Psychology 109: 453–472.

– Van de Ven N., Zeelenberg M., Pieters R. (2009). Leveling up and down: The experiences of benign and malicious envy. Emotion 9: 419–429

– Miceli M., Castelfranchi C. (2007). The envious mind. Cognition & Emotion 21: 449–479.

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