Emozioni primarie e secondarie: cosa sono e a cosa servono
4 Ottobre 2022
Le emozioni sono un argomento che ha da sempre occupato un vasto campo di interesse e di studio, nell’ambito del quale si è assistito alla formulazione di numerose teorie.
Nel pensiero comune esse vengono concepite come reazioni irrazionali che rimandano a forze incontrollabili che disgregano il comportamento. Tale idea, però, non è così corretta e capiremo il perché.
Nonostante vi siano molte teorie, si è generalmente d’accordo sul fatto che le emozioni sono sistemi complessi, comprendenti molteplici componenti che vengono attivate insieme.
Una prima componente è rappresentata dal “vissuto soggettivo” che accompagna l’emozione (ad esempio il sentirsi tristi o il sentirsi arrabbiati, ovvero il cosiddetto feeling).
Un seconda componente è la “valutazione cognitiva” dell’avvenimento che è all’origine dell’emozione, di cui si stima l’impatto che quell’evento ha rispetto ai propri scopi (ad esempio, l’aver rotto un oggetto molto caro per nostra madre ci mette ansia perché si interpreta l’evento come una minaccia al proprio scopo di preservare un rapporto sereno con lei).
Una terza componente è data dai “cambiamenti fisici” che accompagnano l’emozione e preparano fisiologicamente l’organismo a reagire all’evento (ad esempio la paura aumenta il battito cardiaco per predisporre il corpo alla fuga).
Le emozioni sono inoltre caratterizzate da “un’espressione”, con la quale segnaliamo le nostre emozioni agli altri, comunichiamo che sta accadendo qualcosa, attivando una tendenza all’azione (ad esempio vedere una persona spaventata ci porta a fermarci, analizzare rapidamente il contesto e prepararsi all’azione).
Emozioni primarie e fondamentali
Diversi studiosi, in particolare i sostenitori delle teorie evoluzionistiche, di cui Paul Ekman ne è il rappresentante più noto, definiscono le emozioni come entità discrete, ovvero distinte le une dalle altre con configurazioni ben specifiche a livello espressivo ed esperienziale.
Secondo questa prospettiva, corroborata da dimostrazioni empiriche, vi sono emozioni primarie o fondamentali, cioè emozioni innate ed uguali in tutte le culture.
Ekman e i suoi collaboratori giunsero a questa conclusione mediante una serie di ricerche effettuate sulla espressione ed identificazione delle emozioni tra le molteplici culture del globo.
In particolare furono gli studi condotti verso la fine degli anni ’60 sui soggetti appartenenti alle culture dei Fore in Nuova Guinea e dei Dani in Indonesia, popoli allora socialmente e culturalmente isolati dal resto della terra, ad evidenziare l’universalità delle emozioni, che assunsero la connotazione di emozioni primarie o cosiddette di base.
In pratica, le ricerche dimostrarono come persone di culture che non erano mai state in contatto con le altre sia direttamente o indirettamente per mezzo di tv e giornali, quando veniva loro presentato del materiale stimolo a valenza emotiva, manifestavano le stesse espressioni facciali di chi apparteneva a culture occidentali, sudamericane ed orientali.
Gli stessi risultati furono ottenuti anche da ricercatori che esprimevano dubbi sulla teoria della universalità delle emozioni, concludendo infine che vi erano emozioni non determinate dalla cultura di appartenenza o dalla personalità dell’individuo, ma derivate da processi neurobiologici comuni ad ogni essere umano, pertanto universali.
Da queste ricerche sono state identificate 7 emozioni primarie:
Rabbia
Paura
Tristezza
Felicità
Sorpresa
Disgusto
Disprezzo
Le caratteristiche delle emozioni primarie o di base, che le distinguono dalle altre esperienze affettive, sono:
1) hanno segnali universali distintivi: ogni emozione ha una specifica espressione facciale la cui struttura è comune in ogni persona;
2) hanno antecedenti universali e ben distinti: ad esempio la vista improvvisa di un serpente in giardino determina una reazione di paura in tutte le persone;
3) hanno correlati fisiologici ben caratteristici: ci sono specifici pattern biologici di attivazione del sistema nervoso per la rabbia, la paura, il disgusto e la tristezza;
4) esse sono spesso il prodotto di un’elaborazione rapida che le rende involontarie: dinanzi ad uno stimolo (sia esso un evento, un’immagine o un ricordo) si attiva una fase di processamento schematico, veloce ed automatico che lavora su di un livello preconscio e provoca l’emozione, senza doverci troppo pensare;
5) emergono precocemente nel corso dello sviluppo dell’individuo;
6) sono presenti in altri primati non umani;
7) hanno una rapida insorgenza;
8) sono di breve durata: ad esempio la gioia non è duratura come uno stato affettivo di allegria;
9) non sono controllate volontariamente;
10) sono associate a pensieri, ricordi ed immagini distintive;
11) sono vissute come esperienze soggettive specifiche e distinte le une dalle altre.
Le emozioni secondarie e complesse
Come ben sappiamo, però, l’uomo non prova solamente quelle che abbiamo chiamato emozioni di base.
Esistono, infatti, le cosiddette emozioni secondarie o complesse, ovvero emozioni che si formano da una combinazione delle emozioni primarie e sono influenzate dal contesto interpersonale e culturale nella quale si è sviluppata la persona.
Non sono dunque innate ed universali, ma si formano mediante i processi di apprendimento in uno specifico contesto sociale.
Il fatto che le emozioni secondarie siano emozioni più sofisticate è dato anche dal fatto che esse coinvolgono strutture cerebrali superiori e più evolute come la corteccia frontale, e non solo quelle considerate “più basse” come il sistema limbico.
Esempi di emozioni secondarie e complesse sono l’invidia, l’allegria, la vergogna, il senso di colpa, la nostalgia, la delusione, la gelosia, la speranza, l’offesa, l’ansia, il sollievo, il perdono, l’orgoglio.
Inoltre, nel caso delle emozioni secondarie, il processamento delle informazioni non è schematico, automatico e preconscio come nelle emozioni di base, ma è conscio, più concettuale, correlato maggiormente ad una valutazione cognitiva dell’evento in relazione ad uno scopo che rispecchia le implicazioni personali dell’individuo.
Ad esempio la vergogna presuppone che la persona sia preoccupata della sua immagine e valuta un evento come minaccioso rispetto ad uno scopo per lei importante, ovvero quello di preservare “la bella figura”.
Il significato di “bella figura” è personale, costruito sulla base del contesto famigliare, socio-culturale di riferimento e sulla base delle esperienze individuali. Si comprende come la vergogna richieda un certo livello di consapevolezza per essere sperimentata e riconosciuta rispetto alla paura.
A cosa servono le emozioni
Le emozioni hanno molteplici funzioni.
Esse servono a determinare i cambiamenti fisiologici necessari per sostenere le risposte adattive dell’organismo; servono per preparare all’azione; hanno una funzione sociale e interpersonale comunicando i propri piani e le proprie intenzioni mediante l’espressione.
Da un punto di vista cognitivo, le emozioni influenzano l’attività cognitiva perché, quando attivate, interrompono l’esecuzione dei piani in corso e riorientano la condotta con la segnalazione di nuove priorità. Esse, dunque, servono anche a “settare” l’individuo rapidamente sul piano cognitivo, fisiologico e comportamentale, rendendolo pronto a reagire adattivamente alla situazione ambientale.
Le emozioni rappresentano una conquista evolutiva di estrema importanza: con esse vengono soppiantate la rigidità e la fissità dei riflessi, fornendo strumenti essenziali per mediare fra situazioni costantemente mutevoli e le risposte comportamentali.
Esse svolgono una decisiva funzione di continua scansione degli stimoli ambientali, per deciderne la rilevanza e i possibili effetti per gli interessi e gli scopi dell’individuo, predisponendolo a reagire agli eventi in modo flessibile e veloce allo stesso tempo.
Le emozioni, inoltre, sono anche dei potenti mezzi di comunicazione sia interni che esterni alla persona.
Si pensi alla paura: internamente comunica che qualcosa sta accadendo, l’azione viene bloccata, l’ambiente attentamente controllato e si attivano piani di base come l’irrigidirsi, combattere o fuggire.
Esternamente, invece, la paura invia segnali di allarme agli altri componenti della specie i quali si allertano, si fermano momentaneamente, scansionano a loro volta il contesto e si preparano all’azione.
L’importanza delle emozioni per l’adattamento fa ben comprendere quanto i deficit di identificazione, riconoscimento ed espressione emotiva, e i deficit di regolazione emotiva, possano compromettere seriamente il funzionamento personale e sociale dell’individuo, costituendo una condizione comune dei disturbi psicologici e psichiatrici.
Dott. Spinelli
Riferimenti:
– Oatley K. (1997). Psicologia delle emozioni. Il Mulino Editore.
– Ekman P. (1992). An argument for basic emotions. Cognition and Emotion, 6, 169-200.
– Scherer K.R. (1984). On the nature and function of emotion: a component process approach. In Scherer and Ekman (Eds.), Approaches to emotion, Erlbaum, Hillsdale, 293-318.